L’estorsione nel lavoro in nero: la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione stabilisce che l'estorsione può essere applicata anche nel lavoro in nero, quando il datore di lavoro minaccia i dipendenti di licenziamento o di condizioni peggiorative. La sentenza annulla gli arresti domiciliari per associazione delinquere.

giudici corte cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’estorsione può essere applicata anche nel caso in cui il datore di lavoro regolarizzi il rapporto di lavoro in nero, ma faccia figurare che il lavoratore goda di tutte le garanzie contrattuali, quando in realtà ciò non accade.

Questo viene considerato un vantaggio ingiusto per il datore di lavoro, che sfrutta le condizioni sfavorevoli imposte al lavoratore e lo ricatta minacciandolo di disoccupazione. I soci della società che gestisce servizi di assistenza socio-sanitaria rischiano quindi gli arresti domiciliari a causa delle pressioni psicologiche che inducono i lavoratori “sommersi” ad accettare condizioni svantaggiose.

La sentenza della Cassazione annulla gli arresti domiciliari precedentemente disposti per associazione delinquere finalizzata all’estorsione e allo sfruttamento del lavoro, affermando che non sussiste l’estorsione solo quando al momento dell’assunzione il datore di lavoro mette il lavoratore di fronte all’alternativa di rinunciare a parte della retribuzione o non ottenere il posto. Tuttavia, si può configurare il reato di sfruttamento del lavoro se il datore minaccia di licenziare o costringere i dipendenti a dimettersi per far accettare loro condizioni peggiorative rispetto a quelle pattuite.

La Corte critica il Tribunale per non aver verificato caso per caso se le lavoratrici operavano in nero prima di essere inquadrate con livelli retributivi e indennità non corrisposte, sottolineando che l’estorsione non si configura solo attraverso risparmi di spesa da parte del datore di lavoro che riducono i diritti dei lavoratori, ma anche mostrando condizioni di lavoro formalmente rispettose delle norme inderogabili, mentre i dipendenti operano con orari senza limiti e senza ferie e sono costretti a pagare più imposte per lo stipendio che in realtà non ricevono.