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La Cassazione: licenziato per giusta causa il dipendente che non si sottopone alla visita medica

È legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che non si sottopone a visita medica. L’eventuale cambio dei compiti non consentito può essere, infatti, contestato come demansionamento. Lo ha affermato la Cassazione che ha respinto il ricorso di una lavoratrice.

La corte d’appello aveva confermato la decisione del tribunale che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento intentata dalla donna. Il recesso era stato adottato per giusta causa con riferimento alla lettera di contestazione disciplinare in cui le era stato ascritto di essersi rifiutata di effettuare la visita medica in due diverse giornate, nella prima circostanza adducendo l’inidoneità del luogo di svolgimento del controllo e, nel secondo caso, omettendo di presentarsi nel luogo e orario del previsto espletamento. La donna si era difesa sostenendo di aver dichiarato la sua indisponibilità all’accertamento medico finalizzato a mansioni illegittime non confacenti alla propria professionalità.

La vertenza è così giunta in Cassazione dove la lavoratrice ha sostenuto che la visita medica disposta dall’azienda aveva la sola finalità di accertare l’idoneità della lavoratrice non allo svolgimento delle mansioni già assegnate e in corso di svolgimento, bensì l’idoneità a svolgere nuove e ben diverse mansioni lavorative assegnatele illegittimamente, per cui la fattispecie concreta non era sussumibile in quella normativamente prevista in quanto non avrebbe dovuto essere considerato solo il fatto oggettivo del cambio di mansioni, ma anche quello finalistico dell’illegittimità del nuovo incarico.

Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “La visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge e la richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore di lavoro, prima dell’assegnazione alle nuove mansioni, come correttamente sottolineato dalla corte distrettuale, non è censurabile e, anzi, è un adempimento dovuto”.

“Deve, quindi, valutarsi, ha precisato il collegio, se il rifiuto della lavoratrice, perché rivolto a contrastare un illegittimo demansionamento, atteso che le nuove mansioni erano state ritenute dalla lavoratrice non conformi alla qualifica rivestita e non compatibili con le condizioni di salute, fosse o meno legittimo”.

“Ebbene, ha spiegato la Cassazione, la reazione della donna non è assolutamente giustificabile ai sensi dell’articolo 1460 cc perché, da un lato, il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell’espletamento delle mansioni loro assegnate e, dall’altro, la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso, ovvero l’asserito illegittimo demansionamento, innanzi agli organi competenti”.

Roberta Cavilli

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