Cassazione: Nulle le multe da autovelox non omologati, anche se tarati
Nuovo orientamento della Suprema Corte sull’uso degli autovelox: omologazione obbligatoria
La Corte di Cassazione ha stabilito un nuovo principio giurisprudenziale che potrebbe avere un impatto significativo sulla legittimità delle multe stradali elevate tramite autovelox. Con l’ordinanza n. 12924/2025, pubblicata il 14 maggio 2025, la seconda sezione civile della Cassazione ha annullato verbali per un valore complessivo di 1.600 euro, oltre alla decurtazione dei punti patente, in quanto lo strumento utilizzato, pur essendo approvato e tarato, non era omologato.
Omologazione e approvazione: due procedure distinte e indispensabili
Secondo i giudici supremi, l’approvazione e l’omologazione sono due procedimenti separati e complementari, con finalità diverse:
- L’approvazione certifica che un determinato modello di autovelox può essere utilizzato.
- L’omologazione, invece, verifica che il prototipo dell’apparecchio risponda pienamente ai requisiti previsti dal regolamento di esecuzione del Codice della Strada.
Pertanto, l’assenza di omologazione invalida automaticamente le sanzioni amministrative, a prescindere dalla corretta taratura dello strumento. Questo principio riafferma quanto già stabilito dalla storica sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015.
Taratura periodica non basta a garantire la legittimità della sanzione
Nonostante lo strumento fosse stato regolarmente tarato, come previsto dalla normativa vigente, la Suprema Corte ha respinto l’interpretazione dei giudici di merito secondo cui la taratura garantirebbe da sola la precisione dello strumento.
Secondo la Cassazione, infatti, l’omologazione è la vera garanzia tecnica per accertare che gli autovelox misurino correttamente la velocità e possano quindi essere usati per sanzionare le violazioni al Codice della Strada.
La circolare del Ministero dell’Interno non è fonte normativa
Con la circolare n. 995 del 23 gennaio 2025, il Ministero dell’Interno aveva sostenuto la tesi della presunta equivalenza tra approvazione e omologazione, avallata anche dall’Avvocatura dello Stato. Tale documento amministrativo invitava le autorità competenti a uniformare la difesa dell’amministrazione nei giudizi in materia di sanzioni da autovelox.
Tuttavia, la Corte ha ribadito che una circolare ministeriale non ha valore normativo e non può sostituirsi alla legge. Le circolari, infatti, rappresentano solo indirizzi interni all’amministrazione e non hanno efficacia vincolante nei confronti dei cittadini.
Sentenza 10505/2024: confermato il precedente giurisprudenziale
L’ordinanza n. 12924/2025 si allinea con la sentenza n. 10505 del 18 aprile 2024, definita “spartiacque” nel panorama giurisprudenziale. In quella occasione, la Cassazione aveva già affermato che l’omologazione è condizione essenziale per la legittimità delle sanzioni da autovelox, anche alla luce del diritto di difesa dei presunti trasgressori.
Il 59,4% degli autovelox fissi non è omologato: la denuncia del MIT
La decisione della Suprema Corte arriva in un contesto già critico: secondo l’operazione trasparenza lanciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), quasi il 60% degli autovelox fissi attualmente in uso non risulta in regola con l’omologazione. Questo dato ha contribuito al blocco del decreto ministeriale previsto per regolamentare gli strumenti di rilevazione elettronica della velocità, poiché si è reso necessario un censimento completo degli apparecchi in servizio.
Difesa dei cittadini e sicurezza stradale: la posizione di Giovanni D’Agata
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ha sottolineato come non sia sufficiente installare apparecchi per fare multe a raffica, se non si garantisce la piena legalità, affidabilità e sicurezza dei rilevamenti. Secondo D’Agata, è necessario un approccio che tuteli realmente:
- la sicurezza stradale,
- la certezza delle rilevazioni,
- e il diritto di difesa degli automobilisti.
Implicazioni pratiche: quando una multa da autovelox può essere contestata
Alla luce di questo nuovo orientamento, gli automobilisti sanzionati possono presentare ricorso qualora riscontrino che il dispositivo utilizzato per l’accertamento:
- è privo di omologazione,
- sebbene sia stato approvato e sottoposto a taratura periodica.
Si tratta di una svolta importante anche per la giurisprudenza futura, in quanto riafferma il principio secondo cui non basta il corretto funzionamento tecnico, ma serve anche la regolarità formale e documentale degli strumenti elettronici utilizzati per le sanzioni.