Aborto USA, Ass. Coscioni: “Legge mal applicata, aprire i dati”

È molto grave la decisione della Corte suprema statunitense di ribaltare la storica sentenza Roe vs Wade, che affermava il diritto all’aborto come aspetto del più generale diritto all’autodeterminazione (cioè alla privacy). In almeno la metà...

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È molto grave la decisione della Corte suprema statunitense di ribaltare la storica sentenza Roe vs Wade, che affermava il diritto all’aborto come aspetto del più generale diritto all’autodeterminazione (cioè alla privacy). In almeno la metà degli stati USA si sgretola per le donne non soltanto il diritto all’autodeterminazione, ma anche quello alla salute. Perché con le restrizioni e con la criminalizzazione non si elimina l’aborto, si elimina solo la possibilità di abortire in sicurezza, senza pericoli per la salute e senza discriminazioni.

Anche nel nostro Paese è stata una sentenza, quella della Corte costituzionale del 1975, ad aprire la strada alla depenalizzazione.

Ma a differenza degli Stati Uniti nel nostro Paese poi è stata approvata una legge, la 194 del 1978, che garantisce alle donne il diritto alla salute (e quindi ad abortire in determinate circostanze).

L’ultima Relazione al parlamento sullo stato di applicazione della legge 194, seppure con i limiti che abbiamo denunciato in tutti i modi possibili e anche grazie agli accessi civici generalizzati effettuati da Chiara Lalli e Sonia Montegiove (Mai Dati), dimostra come la legge sia male applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese.

All’indomani di una decisione che priva le donne americane di un diritto fondamentale, l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di riscerca scientifica ribadisce il suo pieno impegno perché sia garantito a tutte le donne l’accesso all’aborto e la piena applicazione della legge 194. Sarebbe anche il momento per modificare quelle parti della legge italiana che, dopo più di 40 anni dalla sua approvazione, si sono dimostrate inadeguate o ingiuste. Un Paese che non garantisce alle donne l’interruzione volontaria di gravidanza e che non garantisce loro il diritto all’autodeterminazione, ma che subordina questi diritti umani fondamentali all’orientamento dei governi, è un Paese che non riconosce alcun diritto di cittadinanza alle donne. E tutti dovrebbero ricordarsene, perché le ingiustizie riguardano tutti e non solo quelli che ne sono direttamente colpiti.

“Se la sinistra italiana usasse la stessa energia che ha messo nel commentare il ribaltamento di Roe vs Wade per battersi per i diritti civili in Italia otterremmo risultati importanti. Al ministro Roberto Speranza che scrive che è necessario ‘continuare a batterci ogni giorno perché non si torni mai più indietro’ chiediamo ancora una volta di aprire i dati sulla 194. Perché soltanto in questo modo possiamo capire se la legge è ben applicata e se l’interruzione volontaria della gravidanza è davvero garantita”, conclude Filomena Gallo.